Inquinamento luminoso.
Centomila satelliti nel cielo non ci fanno vedere le stelle
I nuovi apparati per le telecomunicazioni lanciati a quote basse dell’orbita terrestre riflettono il sole e rendono più difficile anche per gli astronomi scrutare lo spazio
Piero Benvenuti
Foto di PIRO da Pixabay |
In una stampa del 1870 che riproduce l’orizzonte della città di Parigi di notte, si vedono chiaramente,
al di sopra del profilo dei monumenti, le costellazioni celesti e la via lattea: uno spettacolo antico
destinato a scomparire di lì a poco, quando, a partire dall’Esposizione universale del 1900, le sfarzose
illuminazioni della Ville Lumière sovrastarono per sempre la tenue luce delle stelle.
Così è avvenuto
successivamente in ogni città del mondo e oggi, come testimoniano le immagini notturne riprese dalla
Stazione Spaziale Internazionale, tutte le zone popolate del globo sono illuminate a giorno, sottraendo
così agli uomini e alle donne che le abitano la visione originaria del cielo stellato che per millenni ha
ispirato innamorati, poeti, filosofi e scienziati.
Naturalmente l’illuminazione delle città e nelle nostre case rappresenta un progresso ormai
irrinunciabile e non è poi detto che eliminando l’inquinamento luminoso urbano, come è oggi
chiamato, torneremmo tutti “a riveder le stelle”, distratti come siamo da mille altre occupazioni.
Fortunatamente, sempre più spesso sorgono iniziative atte a proteggere le poche zone ancora
incontaminate dalle luci artificiali, creando così delle oasi caratterizzate da un cielo sufficientemente
oscuro. Tali iniziative, sostenute da astrofili entusiasti, hanno spesso degli interessanti risvolti
economici per le regioni coinvolte, che, offrendo la possibilità di godere di una visione quasi
originaria del cielo stellato, creano flussi di turismo astronomico che si aggiungono a quelli legati ad
altre attrazioni locali.
Purtroppo, anche questa ritrovata possibilità di ammirare il cielo nella sua silenziosa maestosità
originale, è oggi minacciata da un’altra innovazione tecnologica: il lancio in orbita di decine di
migliaia di satelliti per telecomunicazioni. Queste “costellazioni satellitari” hanno come obiettivo la
creazione di una connessione internet superveloce e fruibile da qualsiasi punto del globo.
Un obiettivo
sicuramente interessante, già perseguito dalla società statunitense Space-X con il lancio dei suoi primi
1.500 satelliti, cui seguiranno a breve altre società con “costellazioni” di simile entità. Il problema
che questo enorme numero di satelliti causerà alla visione del cielo e soprattutto alla scienza
astronomica sta nel fatto che, data la loro orbita relativamente bassa, compresa tra 600 e 1.200 km,
essi sono illuminati dal Sole e quindi visibili per buona parte della notte.
Quando i satelliti previsti, circa centomila, saranno tutti in orbita, in ogni istante ne avremo qualche
centinaio sopra la testa. Una parte di questi sarà sufficientemente brillante da essere visibile anche a
occhio nudo, stravolgendo così la poetica visione del cielo, ma il danno più grave lo soffrirà
l’astronomia professionale.
Infatti, i moderni telescopi, costruiti per osservare oggetti celesti
estremamente deboli, vedranno tutti i satelliti presenti e verranno “accecati” dalle loro tracce, così
luminose da saturare i sensibilissimi sistemi fotografici digitali.
Gli osservatori maggiormente colpiti
saranno quelli che scrutano ampie zone di cielo con singole immagini: anche per tempi di posa molto
brevi, le tracce previste sono numerose e si stima che il 30% delle immagini raccolte sarà
inutilizzabile.
Da tempo l’Unione Astronomica Internazionale (IAU), che rappresenta oltre 12.000 astronomi
professionisti di circa 90 Paesi, ha coinvolto l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello Spazio
Extra-Atmosferico, diretto a Vienna dall’astrofisica italiana Simonetta Di Pippo, per studiare, assieme
a tutte le parti interessate, delle misure che riducano gli effetti, altrimenti devastanti, causati dalle
“costellazioni satellitari” all’astronomia.
L’ottobre scorso, in collaborazione con questo Ufficio Onu
e il Governo spagnolo, la IAU ha organizzato un convegno virtuale, con 950 partecipanti, per mettere
a punto un documento che analizzi con rigore scientifico tutte le interferenze artificiali che hanno un
impatto negativo sull’astronomia.
Il documento, disponibile in rete sul sito dell’IAU, contiene anche
una serie di raccomandazioni che, se attuate, potrebbero ridurre i danni a livelli accettabili.
Le stesse
raccomandazioni sono state presentate lo scorso aprile al Comitato tecnico scientifico dell’Ufficio di
Vienna e accolte con favore da molte Delegazioni nazionali, tra cui quella italiana: un primo passo
verso una regolamentazione internazionale per un utilizzo sostenibile dello spazio, che tenga conto
di tutte le conseguenze a lungo termine di ogni nuovo progetto.
La strada da percorrere è comunque lunga e irta di difficoltà perché gli interessi economici e strategici
in gioco sono enormi e rischiano di relegare la scienza in secondo piano.
Sarà quindi importante
ricordare come l’astronomia abbia e continui ad avere un ruolo fondamentale e imprescindibile nel
progresso delle conoscenze scientifiche: senza i contributi di Galileo e Newton, stimolati a risolvere
il problema astronomico del moto dei corpi celesti, non saremmo stati in grado di lanciare in orbita
quei satelliti che oggi sembrano voler rinnegare ed eliminare la loro madre.
Più recentemente, negli
ultimi decenni, la cosmologia ci ha svelato caratteristiche della realtà fisica che mai avremmo
immaginato senza le osservazioni astronomiche dei telescopi terrestri e spaziali: grazie a esse oggi
sappiamo che l’universo conosciuto rappresenta solo un 5% di tutta la realtà e i nostri futuri sforzi
saranno in gran parte rivolti a scoprire la natura del rimanente 95% composto di materia oscura e di
energia oscura... a patto che la finestra aperta da Galilei sull’universo non venga chiusa per sempre
da una tecnologia dissennata.
Al di là delle considerazioni di politica scientifica e sviluppo tecnologico, il caso delle “costellazioni
satellitari” ci dovrebbe far riflettere sul problema più ampio dell’ecologia globale, così
magistralmente esposto dall’enciclica Laudato si’.
La velocità con la quale certi sviluppi tecnologici
procedono, rende fondamentale una altrettanto rapida ed esaustiva analisi delle conseguenze a lungo
termine che questi potrebbero produrre.
L’esempio dell’enorme danno ambientale causato dall’uso
massiccio delle materie plastiche, a partire dalla metà del secolo scorso, senza che
contemporaneamente venissero studiate e introdotte efficaci misure di recupero e smaltimento delle
stesse, dovrebbe averci resi più saggi e responsabili.
Purtroppo non sembra abbiamo appreso la lezione: l’utilizzo incontrollato dello spazio orbitale
prossimo alla Terra lo ha già inquinato con più di 26.000 “rottami spaziali”: satelliti non più operativi,
frammenti degli stessi o residui dei razzi che li hanno portati in orbita.
Con il lancio previsto di quasi
100.000 nuovi satelliti, il rischio di collisioni tra questi e i rottami esistenti cresce in modo allarmante
e potrebbe rendere inutilizzabile per centinaia di anni a venire lo spazio orbitale.
Tutti i servizi sui
quali la nostra vita quotidiana ormai si basa, dalle telecomunicazioni intercontinentali alle previsioni
meteo sino al navigatore della nostra automobile, verrebbero cancellati, riportandoci
tecnologicamente indietro di quasi un secolo.
Ci troviamo veramente a una svolta epocale, che
richiede saggezza e consapevolezza nelle decisioni a livello internazionale per poter prevalere sugli
interessi commerciali e strategici e optare per una protezione globale dell’ambiente e del futuro
dell’umanità.
In questa partita, l’Italia, per le sue profonde eredità culturali, da Dante a Galilei, potrebbe giocare un
ruolo importante nel riportare scienza e sviluppo tecnologico entro i binari di una fruttuosa e
mutuamente rispettosa collaborazione.
Il prossimo vertice G20, che si svolgerà a Roma a ottobre, con
presidenza italiana, potrebbe essere l’occasione ideale per sensibilizzare i Paesi maggiormente
rappresentativi su questo pressante problema.
Piero Benvenuti
Non solo non ci permettono più di vedere il cielo stellato ma tutta questa tecnologia di luci , internet, ecc..., siccome essi dicono di tutelare le vite dei cittadini fanno bene o male tutte queste radiazioni, io penso ed è così fin quando c'è da guadagnare soldi ti fa bene nel momento che non ci guadagnano nulla ti diranno che portano malatie e tumori, come la carne tra non molto ci daranno carne sintetica essi dicono che è più sicura ma sono sicuri di quello che dicono o lo fanno solo per il loro interesse, per le illuminazioni ci sono lampade che ci permettono di vederci di notte e vedere anche le stelle sono le lampade che ci permettono di poter sviluppare le foto dentro una camera oscura lampade rosse.
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